Visita di studio in Armenia

Più di una settimana è ormai passata dal mio ritorno dall’Armenia, e ora mi trovo davanti allo schermo del mio computer con l’intento di trasmettere il più fedelmente possibile il senso di questa esperienza, che per molti versi è stata forse la più forte tra quelle fatte fin’ora…


Ma partiamo dall’inizio.



La mia seconda visita in territorio caucasico, a sei mesi di distanza dalla precedente, si apre in modo decisamente prevedibile: al momento del controllo passaporto, il poliziotto armeno di turno nota con sorpresa che il visto armeno non è l’unico ad ornare il mio documento di viaggio; nella pagina dirimpettaia, infatti, campeggia in bella vista il titolo di entrata rilasciato da uno dei loro vicini con cui buoni rapporti proprio non hanno: l’Azerbaijan.

Memore dei cinque anni di conflitto intorno alla contesa regione del Nagorno-Karabakh (successivamente annessa all’Armenia stessa, nda) e forse un po’ provato dalla tarda ora (erano le 4 e 20 di mattina circa), il funzionario ha la brillante idea di portarmi nell’ufficio della dogana per accertamenti.

Inutile dire che le cose non si fanno più chiare quando vengono palesati gli obiettivi e le modalità del mio viaggio in Armenia: “..sono qui per una visita di studio sulla cittadinanza attiva, la partecipazione giovanile e l’uso dell’educazione non-formale nel vostro paese. Ma tranquilli, è un progetto finanziato dalla Commissione Europea. Gli organizzatori? Un’associazione polacca. Chi mi ospiterà? una fondazione svizzera. Ho questi numeri da contattare ma..ops..sono georgiani! Perché sono stato in Azerbaijan? Per un motivo simile, era un training course per facilitators. Come mai sono italiano ma ho un passaporto svedese? Perché gli svedesi non hanno militari impegnati in operazioni NATO o simili”

Nel frattempo, il resto del gruppo italiano era già pronto a chiamare l’ambasciata, il consolato, la Farnesina, l’unità di crisi ed anche i tecnici del governo per tirarmi fuori da quell’ufficio, ma fortunatamente dopo un quarto d’ora circa sembra che la mia abilità di confondere abbia preso il sopravvento e i funzionari della dogana, non senza qualche perplessità, mi consentono gentilmente di entrare nel loro paese.

Inizia così la vera esperienza armena, e mi ricordo presto che poche cose sono caratteristiche di un paese come la musica ed il comportamento al volante; il primo dei tanti viaggi in taxi conferma infatti le mie rimembranze, facendoci scoprire un crescente movimento pop-music che inneggia vagamente a quanto di più trash ci sia stato nella produzione musicale dell’occidente negli ultimi venti anni unito ad una conoscenza marginale (o un rifiuto volontario?) delle regole della strada e ad una innata spericolatezza, che fortunatamente non ci impedisce di arrivare sani e salvi al nostro albergo, meta finale dopo un viaggio della durata complessiva di 17 ore circa. Menomale che il primo giorno è di “riposo” e noi tutti abbiamo la possibilità di rilassarci ed iniziare a scoprire le bellezze e le contraddizioni della capitale armena, Yerevan, prima dell’inizio delle attività e dell’arrivo di tutti i partecipanti.



Dopo questo primo giorno di adattamento, si inizia a lavorare secondo il programma della visita: far conoscere meglio il gruppo di partecipanti (quattro per nazione, provenienti da Germania, Polonia, Ukraina, Georgia, Italia ed Armenia) e spendere un po’ di tempo approfondendo le diverse percezioni circa i temi del progetto.

Siamo dunque pronti all’azione; dopo una breve introduzione “globale” sullo stato della cittadinanza attiva e della partecipazione giovanile in Armenia, il primo incontro di una certa importanza è quello con i delegati del ministero per lo sport e la gioventù, che presentano i risultati dell’ultima ricerca condotta sulla popolazione giovanile armena. Lo scopo della ricerca stessa è quello di analizzare i comportamenti e le attitudini dei giovani armeni in diversi ambiti, dalla vita familiare all’istruzione, passando per l’occupazione, la sanità, la partecipazione politica.

Sorprendenti sono senza dubbio le volontà statali di coinvolgere maggiormente i giovani nella vita politica del paese attraverso la creazione di consigli e mini-parlamenti giovanili che in alcuni casi si rapportano direttamente con il primo ministro, e hanno potere propositivo e consultivo in materia di politiche giovanili e non solo. È chiaro che si tratta soprattutto di un’operazione di facciata, ma alcuni dati estrapolati fanno effettivamente pensare che qualcosa di concreto si sta facendo: la disoccupazione giovanile è crollata del 50% in sei anni, grazie soprattutto al turn-over generazionale sul posto di lavoro, ed un incredibile 11,6% della popolazione giovanile è iscritta ad un partito politico (contro una media dell’1% nei paesi europei) e quindi, secondo i funzionari del ministero, ha un ruolo attivo nella vita politica del paese.

Lasciamo quindi il ministero con una parziale consapevolezza del modus operandi del governo armeno circa le politiche giovanili, consci però del fatto che se da una parte la tradizione sovietica dell’ordine e della meticolosità ha lasciato il segno, d’altra parte la tendenza a voler dare un’immagine falsata della realtà, attraverso mosse per lo più politiche rivolte alla ricerca di consenso soprattutto tra i giovani, non è poi così lontana dalla quotidianità del lavoro nel sociale in molti paesi d’Europa e non.

Gli incontri dei giorni seguenti sono molto utili per comprendere l’eterogeneità del fenomeno dell’associazionismo in Armenia; un filo conduttore comune è però senza dubbio il minimo (se non inesistente) apporto governativo a questo settore.

Quasi la totalità delle ONG incontrate, infatti, sostengono le proprie attività grazie a fondi e donazioni provenienti dall’estero, e molto spesso gli spazi in cui queste associazioni operano sono stati donati o addirittura costruiti/rinnovati dalle associazioni stesse!

La domanda quindi è, esistono centri di aggregazione pubblici/statali? La risposta è apparentemente SI, se si considera che sul tutto il territorio nazionale sono stati costruiti ben 10 centri rivolti alle attività giovanile, ma deriva facilmente sul NO quando si viene a sapere che le 10 strutture sono state chiuse a seguito del collasso dell’Unione Sovietica e che solo 6 di queste sono state successivamente riaperte come “All Armenian youth foundation” pretenziosa ONG in realtà legata a doppio filo con il partito repubblicano, primo partito del paese.

Negli ultimi giorni del progetto visita alla città di Gyumri (seconda per popolazione ed importante polo culturale del paese dove nel 1923 venne costruito il primo teatro dell’opera della nazione) ci racconta molto della reale situazione dell’Armenia.

Lontano dalle luci della capitale, Gyumri porta ancora con sé i segni del terribile terremoto del 1988; molti edifici, anche in zone centrali, sono rimasti allo stesso stato di vent’anni fa con soffitti crollati, facciate divelte e talvolta macerie ai bordi della strada, come se il tempo si fosse fermato.

Questa, come diverse altre vicissitudini legate alla storia più o meno recente della regione, ha però fatto si che lo spirito dei suoi abitanti fosse “forgiato” da queste esperienze, e la voglia di andare avanti è molta e la si può leggere anche solo negli occhi dei bambini che ci si avvicinavano incuriositi e che tentavano un improvvisato dialogo in un misto di francese, inglese e l’immancabile russo.



Già nel viaggio di ritorno verso la capitale, il clima si fa triste pensando all’imminente fine del progetto e alle rispettive partenze, e nell’ultimo giorno di attività tiriamo le somme della visita di studio, sia individualmente che collettivamente, iniziando anche a lavorare su possibili follow-up del progetto e future collaborazioni tra i vari partner.



Mi sento in dovere di fare un sentito ringraziamento sia ad Affabulazione che ci ha dato questa possibilità unica di visitare una realtà così caratteristica come quella armena, ma anche e soprattutto agli organizzatori e manager del progetto, la fondazione polacca Civis Polonus e l’associazione ospitante KASA foundation, che hanno svolto un lavoro impeccabile in tutte le fasi del progetto.

Sebastian

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